Soldati dell’Armata Rossa al confine orientale 1941-1945

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I battaglioni russi operarono in tutte le regioni italiane in cui si sviluppò un movimento di resistenza, nell’Esercito Nazionale di Liberazione Jugoslavo, nelle formazioni del Fronte di Liberazione Sloveno (OF), nell’Adriatisches Küstenland, in Carnia, nel Friuli Adriatisches Küstenland, in Carnia, nel Friuli Adriatisches Küstenland occidentale ed orientale, a Caporetto, nella valle dell’Isonzo e del Vipacco, nell’entroterra Goriziano, a Gorizia, sul Carso triestino, nell’entroterra istriano, a Trieste stessa, con attività di sabotaggio clamorose. Le loro vicende costituiscono un capitolo di storia europea noto per molto tempo solo ai diretti protagonisti ed ai “compagni” di lotta italiani, sloveni e croati, che lo conobbero o ne sentirono parlare. Quel lungo silenzio derivò dalla Guerra Fredda e da problemi interni al mondo comunista a partire dalla disposizione emanata dal Quartier Generale dell’Armata Rossa il 16 agosto 1941, secondo cui ogni militare dell’esercito sovietico caduto in mano nemica doveva considerarsi un traditore e scontare di conseguenza un periodo di detenzione e di lavoro forzato al rientro in patria; la crisi del Cominform (10 giugno 1948) incrinò a lungo i rapporti tra Unione Sovietica e Jugoslavia isolando i partigiani dell’uno e dell’altro paese. Il crollo del comunismo ha riacceso l’interesse sul tema in Italia, Russia, Slovenia dove sono usciti alcuni saggi riguardanti esperienze specifiche. l’autrice delinea un efficace e movimentato quadro di sintesi, che offre inedite chiavi di lettura su problemi di stringente interesse quali il collaborazionismo, la propaganda tedesca nei territori occupati, le lontane radici dei conflitti caucasici. Il volume, di ottima fattura, analizza le tematiche trattate da un punto di vista “assolutamente” proletario e comunista.

Brossura, 14 x 21 cm. pag. 345 + 32 pagine fuori testo con 33 foto b/n

Stampato nel 2014 da Goriziana

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Descrizione

Marina Rossi

I battaglioni russi operarono in tutte le regioni italiane in cui si sviluppò un movimento di resistenza, nell’Esercito Nazionale di Liberazione Jugoslavo, nelle formazioni del Fronte di Liberazione Sloveno (OF), nell’Adriatisches Küstenland, in Carnia, nel Friuli Adriatisches Küstenland, in Carnia, nel Friuli Adriatisches Küstenland occidentale ed orientale, a Caporetto, nella valle dell’Isonzo e del Vipacco, nell’entroterra Goriziano, a Gorizia, sul Carso triestino, nell’entroterra istriano, a Trieste stessa, con attività di sabotaggio clamorose. Le loro vicende costituiscono un capitolo di storia europea noto per molto tempo solo ai diretti protagonisti ed ai “compagni” di lotta italiani, sloveni e croati, che lo conobbero o ne sentirono parlare. Quel lungo silenzio derivò dalla Guerra Fredda e da problemi interni al mondo comunista a partire dalla disposizione emanata dal Quartier Generale dell’Armata Rossa il 16 agosto 1941, secondo cui ogni militare dell’esercito sovietico caduto in mano nemica doveva considerarsi un traditore e scontare di conseguenza un periodo di detenzione e di lavoro forzato al rientro in patria; la crisi del Cominform (10 giugno 1948) incrinò a lungo i rapporti tra Unione Sovietica e Jugoslavia isolando i partigiani dell’uno e dell’altro paese. Il crollo del comunismo ha riacceso l’interesse sul tema in Italia, Russia, Slovenia dove sono usciti alcuni saggi riguardanti esperienze specifiche. l’autrice delinea un efficace e movimentato quadro di sintesi, che offre inedite chiavi di lettura su problemi di stringente interesse quali il collaborazionismo, la propaganda tedesca nei territori occupati, le lontane radici dei conflitti caucasici. Il volume, di ottima fattura, analizza le tematiche trattate da un punto di vista “assolutamente” proletario e comunista.

Brossura, 14 x 21 cm. pag. 345 + 32 pagine fuori testo con 33 foto b/n

Stampato nel 2014 da Goriziana

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