Arditismo

Mario Carli

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    Arditismo

    14.00

    Ad uno sguardo complessivo sulle varie componenti che formarono il Fascismo originario, l’Arditismo appare ricoprire un ruolo fondamentale. Costituito da quegli uomini scelti che nell’ultimo anno di guerra avevano formato i reparti di assaltatori volontari, all’indomani della fine della guerra l’Arditismo si pose il problema della ricollocazione di migliaia di uomini nel contesto della società civile. Rifiutata la soppressione del Corpo come speciale arma dell’esercito, gli Arditi ne rifiutarono anche l’apoliticità e la messa ai margini in un contesto, quello dell’immediato dopoguerra, ad alto tasso di conflittualità politica e sociale. La simbiosi fra Arditismo e Futurismo, rivendicata da Carli (che era futurista sin dall’anteguerra, e in amicizia con Marinetti), ci parla da sola dell’ideologia politica che innervava quel fenomeno combattentistico. Culto dell’azione, esaltazione dell’aristocrazia guerriera, mito assoluto dell’Italianità, esaltazione dell’ostilità al mondo borghese e conservatore, alla Chiesa. In sede storiografica, l’identificazione fra Arditismo e Fascismo è stata stabilita nel senso di una vera e propria simbiosi. Ma non mancarono, tuttavia, attriti e incomprensioni, a far data dalla fine del 1920 e per tutto il 1921, quando la creazione del PNF sulle ceneri dei Fasci di Combattimento comportò la nota “virata a destra” della strategia politica mussoliniana. Ma si trattò di una divergenza sui modi di condurre il disegno politico e non sui valori di fondo. Questa collocazione era il pendant dell’antisocialismo, che proprio in quel 1919 si era manifestato con violenza insurrezionale nel corso del giorno 15 aprile, durante la famosa “battaglia di via Mercanti”: la distruzione e l’incendio della sede dell’Avanti! con la partecipazione congiunta di Fascisti, Arditi e Futuristi, tra i quali non mancò Marinetti.

    Brossura 13,5 x 21,5 cm. pag. 100

    Stampato nel 2011 da Ritter Edizioni

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    Con D’Annunzio a Fiume

    18.00

    Mario Carli

    Una penna appuntita come una baionetta a servizio del sacro ribellismo. Le prose di Mario Carli nascono da quella stagione aggrovigliata di aspirazioni di palingenesi sociale e istanze rivoluzionarie che è il diciannovismo nella politica italiana. Testimoniano l’adesione alla guerra da parte del più eversivo dei futuristi e costituiscono un memoriale in presa diretta dell’impresa dannunziana a Fiume. La parabola guerresca di Carli è compendiata in Addio, mia sigaretta! (1919) e prosegue con la prosa politica di Con d’Annunzio a Fiume (1920), dipanando il fil rouge che unisce arditismo, futurismo, fiumanesimo e fascismo.

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    Fascismo intransigente

    19.00

    Mario Carli è stato uno dei maggiori protagonisti della Repubblica Sociale Italiana e da fascista intransigente vi ha portato la sua radicalità di pensiero e azione. Allo scoppio della Grande Guerra, Carli viene esonerato dal servizio al fronte a causa di una forte miopia, e assegnato a compiti amministrativo-burocratici ad Avellino. Ma di stare lontano dalle trincee Carli non ne vuole sapere, e così prima riesce ad arrivare sul teatro di guerra come volontario aggregandosi a un reparto di zappatori, poi, nel 1917, con la creazione degli Arditi riesce ad arruolarsi nel 18° reparto d’assalto. L’Ardito, scrive Carli, «è il futurista di guerra, l’avanguardia scapigliata e pronta a tutto, la forza agile e gaia dei vent’anni, la giovinezza che scaglia le bombe fischiettando i ricordi del Varietà».

    Brossura, 15 x 21 cm. pag. 350 + 16 pagine fuori testo con foto b/n

    Stampato nel 2008 da Barbarossa

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