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Fascista
€22.00«Fascista!» è l’urlato rancoroso che il “sinistrato” da centro sociale fa rimbombare nelle piazze, il “demoliberista” imprimere sulle pagine del quotidiano, il serafico teleimbonitore declina nel suo talk show, il deputato resistenziale denuncia alla Camera o al Senato come incombente pericolo per la democrazia. Ad essere definito da questo aggettivo — che vuole essere inappellabile infamante epiteto — è tanto chi fascista non lo è perché palesemente altro (conservatore, “di destra”, reazionario etc.) quanto chi fascista lo si sente davvero. Senonché non c’è alcuna corrispondenza tra l’idea che un qualsiasi fascista ha di sé e delle proprie idee e quanto ha in testa l’antifascista. E quello che ha in testa l’antifascista, alla prova dei fatti, altro non è che un’allucinazione, un incubo, un qualcosa che è sempre e comunque parto di una sua fantasia. Chi ha scritto questo libro è uno dei tanti additato con disprezzo come «Fascista!», con l’aggravante di essere stato a suo tempo condannato a quasi 20 anni di carcere per omicidio; accadeva quasi mezzo secolo fa, nel 1973 quando aveva 18 anni. Per cui, qualsiasi cosa oggi egli faccia o dica, è comunque essenzialmente e a prescindere, un criminale «Fascista!».
Brossura, 15 x 21 cm. pag. 218
Stampato nel 2019 da AGA
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Il neofascismo in Umbria 1969-1975 – La commissione d’inchiesta della Regione
€22.00.Tra il 1969 e il 1975, il neofascismo italiano si presenta in forme particolarmente aggressive: In Umbria invece, il neofascismo non procura morti; si esprime perlopiù nelle piazze, nelle strade, nelle scuole, all’università. Accanto ad attività politico-culturali di vario genere, manifesta la propria carica eversiva e la propria anima violenta attraverso intimidazioni, provocazioni, scontri con gli avversari della sinistra e con i tutori dell’ordine, attacchi a esponenti politici, a sedi sindacali e di partito, a simboli della Resistenza e della cultura costituzionale. Sebbene all’interno del quadro nazionale possa apparire una realtà marginale, il neofascismo umbro – soprattutto quello perugino – sviluppa nel tempo dei tratti che lo qualificano come un fenomeno tutt’altro che irrilevante.
Brossura, 14,5 x 21 cm. pag. 248
Stampato nel 2020 da Marsilio
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Neofascismo e neoantifascismo
€15.00Si può essere antiantifascisti? È un modo di dire che si è in realtà fascisti? È un attacco alle “idées reçues”, ai luoghi comuni? Serve a darsi una pàtina di anticonformismo a buon mercato? Oppure… In questi anni di rapidi eclissi e di furiosi mutamenti, mentre a molti sembra sempre più vero che la democrazia è un sistema nel quale il popolo è sovrano ma la gente non conta nulla, vale la pena di riflettere sui vecchi “idola theatri”, sulle “verità” che per troppo tempo non è costato nulla affermare mentre irragionevolmente scandaloso sembrava il metterle in discussione. L’antifascismo, come l’anticomunismo, è un valore generico – quindi inutile – perché vi sono infiniti modi e infinite ragioni di essere l’una e l’altra cosa, ma tanti di quelli e tante di queste sono ben peggiori del loro contrario; e i valori generici – quindi inutili – finiscono sempre col trasformarsi in disvalori, o in pseudovalori, o in antivalori. Queste pagine non vogliono né offendere, né scandalizzare nessuno. Servono solo a ricordare che quando si marcia contro il nemico bisogna essere ben sicuri che il nemico non marci alla nostra testa.
Brossura, 12 x 18 cm. pag. 246
Stampato nel 2018 da La Vela
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Quel braccio alzato. Storia del saluto romano
€20.00Massimo Arcangeli
La storia del saluto romano è, in realtà, la storia di un saluto che romano non è. Le sue origini risalgono alla rinascita della tradizione greco-latina in epoca neoclassica, di cui il dipinto di Jacques-Louis David, dove tre Orazi romani giurano con determinazione mostrando il loro braccio destro teso, è l’esempio più celebre. Secoli dopo, in un impeto antiborghese, Mussolini ordina di abbandonare la tradizionale stretta di mano a favore del saluto a braccio teso. Un gesto che da quel momento attraversa le piazze e scuote le folle, non solo italiane. Massimo Arcangeli ricostruisce la storia del saluto fascista analizzando la simbologia e la politica linguistico-culturale del Ventennio, comparando le con quelle della dittatura nazista. Una storia che, tra aquile, parate e camicie nere, non è mai stata dimenticata dai militanti di estrema destra oggi al potere, tornati a rialzare prepotentemente la testa, e il braccio.