Zara, addio

11.20

Spesso la letteratura dei ricordi e delle memorie è legata all’eccezionalità di un periodo storico, e la memoria storica è tanto più viva quando non si riduce a una fredda registrazione di se stessa. Zara, addio è il racconto di un periodo segnato da sviluppi drammatici per la storia di una città e di una comunità di antichissime tradizioni culturali e civili. Ed è il filo della memoria dell’autore a condurci in quest’angolo di storia nel quale, in un lasso di tempo relativamente breve, si consumano le speranze e le aspirazioni della presenza italiana, e che si riassumono nella figura su cui si impernia la narrazione, Carlo de Hoeberth, esponente dell’irredentismo dalmata e zio dell’autore. Già Commissario civile di Kmn e quindi Commissario al comune di Zara, lo “zio Carlo” è sensibile ed equilibrato mediatore nelle vicende che fra gli anni ’41 e’44 da più fronti attentano all’identità multietnica locale. Un racconto popolato da una miriade di personaggi “grandi” e “piccoli”, per ognuno dei quali viene ricavata una nicchia: ora in una vicenda dolorosa, ora in un quadretto sul quale l’autore passa una pennellata di ironia e talvolta di umorismo. Un racconto ricco di aperture liriche, in particolar modo dove l’autore colorala narrazione riportando brevi e limpide st.ofe nell’amato dialetto zaratino, che il più delle volte si rifà alla tradizione orale. E infine le note melanconiche che concludono il libro, che termina dove termina la lunghissima vita di Carlo de Hoeberth: chiuso in un pessimismo senile (“La guerra turpe ( … ) contagia anche gli animi più sereni”), lontano dalla sua città, l’aveva ormai da tempo salutata, forse con un semplice ma struggente “Zara, addio!”.

Rilegato, 16,5 x 24 cm. pag. 140 con alcune foto b/n

Stampato nel 1990 da Goriziana

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Fulvio Anzellotti                                Prezzo di listino  16.00 (sconto 30%)

Spesso la letteratura dei ricordi e delle memorie è legata all’eccezionalità di un periodo storico, e la memoria storica è tanto più viva quando non si riduce a una fredda registrazione di se stessa. Zara, addio è il racconto di un periodo segnato da sviluppi drammatici per la storia di una città e di una comunità di antichissime tradizioni culturali e civili. Ed è il filo della memoria dell’autore a condurci in quest’angolo di storia nel quale, in un lasso di tempo relativamente breve, si consumano le speranze e le aspirazioni della presenza italiana, e che si riassumono nella figura su cui si impernia la narrazione, Carlo de Hoeberth, esponente dell’irredentismo dalmata e zio dell’autore. Già Commissario civile di Kmn e quindi Commissario al comune di Zara, lo “zio Carlo” è sensibile ed equilibrato mediatore nelle vicende che fra gli anni ’41 e’44 da più fronti attentano all’identità multietnica locale. Un racconto popolato da una miriade di personaggi “grandi” e “piccoli”, per ognuno dei quali viene ricavata una nicchia: ora in una vicenda dolorosa, ora in un quadretto sul quale l’autore passa una pennellata di ironia e talvolta di umorismo. Un racconto ricco di aperture liriche, in particolar modo dove l’autore colorala narrazione riportando brevi e limpide st.ofe nell’amato dialetto zaratino, che il più delle volte si rifà alla tradizione orale. E infine le note melanconiche che concludono il libro, che termina dove termina la lunghissima vita di Carlo de Hoeberth: chiuso in un pessimismo senile (“La guerra turpe ( … ) contagia anche gli animi più sereni”), lontano dalla sua città, l’aveva ormai da tempo salutata, forse con un semplice ma struggente “Zara, addio!”.

Rilegato, 16,5 x 24 cm. pag. 140 con alcune foto b/n

Stampato nel 1990 da Goriziana

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